Fa ancora discutere la comunicazione sull'emergenza coronavirus in Sardegna. Sui social è polemica contro i manifesti fatti affiggere a cagliari dal sindaco, Paolo Truzzu, per convincere le persone a restare in casa.
I cartelloni, affissi su strade di grande percorrenza della città hanno frasi come queste: "Quando hanno intubato mio padre ho ripensato a quella passeggiata che dovevo evitare"; "Meno usciamo, prima ne usciamo; "Quando hanno portato mia madre in ospedale, ho capito che dovevo rinunciare alla corsa",
o ancora "Quando mio figlio è stato contagiato, ho capito che dovevo rinunciare a quella spesa inutile". I primi a segnalare i cartelloni del sindaco sono stati gli esponenti dell'opposizione di centrosinistra "Chiediamo che il sindaco faccia rimuovere immediatamente i manifesti e si faccia promotore di una campagna informativa istituzionale semplice e diretta. I cittadini hanno bisogno di una comunicazione seria e trasparente, non di terrorismo. La cittadinanza di Cagliari non se lo merita", scrivono in una nota. E c'è chi ha colto l'occasione al balzo per fare manifesti finti, sui social, per attaccare la censura regionale.
La Sardegna conta a ieri 395 casi accertati di coronavirus e undici decessi, ma i contagi hanno portato alla chiusura di interi reparti ospedalieri, come a Sassari, dove i pm indagano per omicidio colposo e epidemia colposa per capire cosa non ha funzionato nella gestione dei protocolli approntati per tenere il più possibile il virus lontano dai reparti da alcuni reparti ospedalieri. Al momento non ci sono iscritti nel registro degli indagati, ma i magistrati vogliono fare luce su come sia stato possibile che la maggior parte dei positivi in Sardegna siano operatori sanitari, pazienti o persone transitate al Santissima Annunziata di Sassari, in particolare dal reparto di Cardiologia, diventato epicentro della diffusione nell'isola. Il primo fascicolo aperto è relativo alla morte del primo paziente contagiato in Cardiologia mentre il secondo si riferisce alla situazione nel reparto Dialisi, dove i familiari dei pazienti hanno denunciato di essere stati abbandonati.
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